Nel febbraio del 1828 Francesco I di Borbone incarica l’ingegnere di stato Luigi Giura di provvedere alla costruzione di un ponte sospeso in ferro sul Garigliano; all’epoca già ne esistevano degli esemplari del genere in Inghilterra, Francia ed Austria. Il Giura pertanto iniziò un viaggio di studio per osservare, studiare e disegnare (non esisteva la fotografia) i progetti dei ponti già esistenti ed il 14 aprile 1828 era già in grado di presentare il suo elaborato completo e dettagliato in tutte le sue parti compresi rilievi, i sondaggi del terreno ed il costo totale (chiavi in mano). Approvato dalla Direzione Nazionale delle strade e dei ponti, il re comandò l’avvio immediato delle gare di appalto che dovevano essere rigorosamente limitate a ditte e materiali delle Due Sicilie.
Il 20 maggio 1828 furono iniziati lavori e il giornale inglese The Illustrated London Newsespresse “perplessità sulle capacità progettuali e costruttive dei napoletani e le sue vive preoccupazioni sulla sorte dei poveri sudditi, sicure vittime di questo vano esperimento di sprovveduti dettato solo dalla voglia di primeggiare”. In effetti a quella data i ponti sospesi in ferro avevano tutti un grosso problema legato alla flessibilità della lega ferrosa allora usata che li rendeva oscillanti ai grossi pesi ed al forte vento.
Erano appena iniziati i lavori di sbancamento presso il Garigliano per realizzare le fondamenta delle quattro torri portanti, quando a Parigi, a causa del vento, crollò il ponte sospeso in ferro progettato dall’accademico Navier; a Londra venne chiuso il ponte Driburgh sul Twed e la stessa cosa avvenne in Austria. In pochi giorni in tutta Europa si levò un vespaio di critiche contro questo nuovo tipo di costruzione e il malcontento arrivò fino a Napoli dove il consiglio dei ministri del Re si espresse per la sospensione dei lavori. Il sovrano non si scompose e si narra che esclamò: ”Lassate fa o’ guaglione”.
Fatto sta che i lavori proseguirono, mentre il ventenne Ferdinando II succedeva al trono nel 1830. Il 4 maggio del 1832 il solito giornale inglese ipotizzava che il ponte fosse pronto, ma non fosse stato ancora collaudato per “timore del suo sicuro crollo”. Il 10 maggio 1832 Ferdinando II si presentò davanti alle torri di sostegno del ponte alla testa di due squadroni di lancieri a cavallo e 16 carri pesanti di artiglieria, colmi di materiali e munizioni.
Sulle due rive del Garigliano gli fanno ala ambasciatori, militari e una folla strabocchevole di gente proveniente dai centri vicini. Quando il sovrano si piazzò al centro del ponte con la sciabola alzata, si fece un gran silenzio; con voce ferma comandò agli uomini di passare il ponte più volte in ambo le direzioni, prima al trotto e poi al galoppo, infine alla carica; poi passarono i carri e le truppe.
Terminato il “collaudo”, fu la la volta della benedizione del vescovo di Gaeta seguito dal popolo in processione e dopo iniziarono fuochi d’artificio, danze e canti in un tripudio di folla: il ponte aveva retto, la realizzazione avveniristica era perfettamente riuscita. Il Giura aveva studiato il materiale da utilizzare e per aumentare la resistenza del ferro dolce fece produrre dalle fonderie di Mongiana una lega al nichel. Le travi così composte furono irrigidite meccanicamente con trafilamento a mezzo di una apposita macchina “astatesa” progettata da lui stesso.
Questo doppio trattamento, chimico e meccanico, conferì al materiale caratteristiche meccaniche impensabili per quei tempi, ed anche una notevolissima resistenza alla corrosione ed all’invecchiamento. Questo ponte, orgoglio delle Due Sicilie, resistette fino al 1943 quando i tedeschi, dopo averci fatto transitare il 60 % della propria armata in ritirata compresi carri e panzer, lo fecero saltare.
Fonte: Ingegneria e dintorni